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a bere con i miei avversari. Si è come due guerrieri che ripensano al passato e che si dicono: “Hai visto? Ce l’abbiamo fatta.” Tra noi si crea un tacito legame. Sembrava andare tutto bene finché non è successo questo. Non è mai piacevole vedere un giocatore a terra sapendo che sei stato tu a mandarcelo. Ma affronti la cosa e prendi le tue decisioni basandoti su tutti gli elementi in gioco. La gente mi chiede: “Ti senti mai in colpa… …per lo scontro con Westgarth? L’hai steso e…” La mia risposta è semplice: “No.” Non mi sento in colpa perché non ho agito con malizia. Non vale per tutti, ma io la penso così. , HOCKEY HALL OF FAME Immagino che alcuni giocatori si pentano per aver picchiato un avversario troppo forte. Ma durante lo scontro non ci si pensa. È uno scontro. Forse dovrei stendermi sul divano… …per un bel po’ e riparlarne quando mi sarò chiarito le idee. Non credo che un enforcer si senta in colpa perché capisce il contributo che dà e il quadro generale. A me non è successo ma conosco chi l’ha fatto. Derek Boogaard mi aveva ridotto male. Poi siamo diventati compagni di squadra. Ci siamo seduti e abbiamo parlato dell’episodio. Mi ha colpito sentirlo dire che era preoccupato per me. Ha detto che gli dispiaceva per l’accaduto. Ma io gli ho risposto che, al posto suo, anche io avrei fatto lo stesso. Se si potesse giocare e vincere senza far del male a nessuno, lo avrei fatto. Ma anche i miei avversari erano degli enforcer. Conoscevano il rischio. Poteva toccare a me finire al tappeto. Abbiamo scelto. Nessuno ci ha puntato una pistola dicendo: “Devi giocare in questo ruolo.” Se finisco a terra, non me la prendo con il mondo e con la classe dirigente per avermi costretto ad affrontare uno scontro. Ho scelto io di farlo, di avere quel ruolo. Ho scelto io di scontrarmi con qualcuno. E può capitare di farsi male. C’è un messaggio più grande in questo. Scusarmi non è mai stato qualcosa… Non ci ho mai pensato perché non ho mai sentito di dovermi scusare per aver fatto del mio meglio.